Il belga, King Kelly e la strada
La strada era ripida, l'aria era calda ed ero rimasto a bocca aperta durante la salita. Il gruppo era scomparso alla vista e mi era rimasto solo un altro pilota in compagnia.
'Hai le gambe oggi?' chiese.
'Sì, penso di sì.'
'Bene perché continueremo a cavalcare dritti in cima a questa salita. Nessun rallentamento. Dovranno inseguirci.'
Con quello Sean Kelly, vincitore di innumerevoli gare e con una carriera che andava da Merckx ad Armstrong, si è tirato davanti a me e mi ha dato riparo sulla sua ruota. Quando la pendenza si è appiattita, siamo passati attraverso le marce e la nostra velocità è raddoppiata. Superammo gli altri, lasciandoli in piedi. Letteralmente perché si erano fermati sul ciglio della strada per una pausa in bagno.
La strada è crollata verso il basso attraverso una serie di curve veloci e senza traffico. Eravamo in tre adesso: Sean, Kurt (il belga) e io. Per alcuni brevi momenti sono stato trasportato indietro di 30 anni e mi stavo immaginando di gareggiare alla Parigi-Nizza, il belga non era più Kurt, era temporaneamente Jean-luc Vandenbroucke. Ben presto le curve furono terminate, i nostri freni si erano raffreddati e la lunga e pianeggiante strada costiera si estendeva per miglia davanti a noi.
Ci siamo alternati sul fronte ma la fuga era destinata a fallire. Siamo stati catturati momenti dalla linea/caffetteria. Sean ha incolpato il belga, il belga ha incolpato me e io ho incolpato Sean perché aveva passato gli ultimi cinque minuti seduto a parlare al telefono, prima di perdersi e andare dalla parte sbagliata della strada.
Gli altri si sono uniti a noi. La re altà è tornata a galla. Non ero Gilbert Duclos-Lassalle, ero solo un giornalista. Ma ero appena stato in fuga con Sean Kelly ed è stato l'apice della mia carriera ciclistica.