La Campionissimo sportivo: La vendetta di Pantani

Sommario:

La Campionissimo sportivo: La vendetta di Pantani
La Campionissimo sportivo: La vendetta di Pantani

Video: La Campionissimo sportivo: La vendetta di Pantani

Video: La Campionissimo sportivo: La vendetta di Pantani
Video: Tour 1995 14^ St. Orens de Gameville - Guzet Neige [M.Pantani/L.Madouas/M.Indurain] 2024, Aprile
Anonim

Il ciclista affronta due delle salite più selvagge d'Italia una dopo l' altra a La Campionissimo, ma si rivelerà una salita di troppo?

Questo non è disagio, non è fatica, è dolore. La mia unica conciliazione è il ripetuto canto interiore quasi rituale di "Questo finirà, questo deve finire". -Mortirolo.

Raggiungo la statua della leggenda del ciclismo italiano Marco Pantani che scandisce la salita e significa che manca circa un chilometro e mezzo. Chiedo ad alcuni passanti con un grido balbettante se il gradiente si attenua: scuotono pietosamente la testa. Apro il tornante e, come si svela la strada davanti a me, mai un chilometro mi è sembrato così lungo.

Vedere le stelle

La Granfondo Campionissimo è un evento nuovo, ma anche molto familiare. Ora sponsorizzata dal marchio di abbigliamento Assos, la sportiva è ufficialmente alla sua prima edizione ma occupa lo stesso posto in calendario e lo stesso percorso della precedente Granfondo Giordana, che a sua volta ha ripreso lo stesso slot e percorso dalla Granfondo Marco Pantani.

Immagine
Immagine

Il soprannome di Pantani potrebbe essere stato il più appropriato, dato che l'evento è molto italiano e molto per gli arrampicatori. Passa sopra il Passo Gavia, poi il Mortirolo, due delle salite più dure d'Italia, e poi vira al Passo di Sante Cristina, accumulando oltre 4.500 m di dislivello, nonostante una lunghezza relativamente breve di 170 km.

Pantani non sarà l'unica leggenda del ciclismo che vedo oggi dato che, qui nel box di partenza, a meno di 10 metri da me, c'è il cinque volte vincitore del Tour Miguel Indurain. Com'era prevedibile, è circondato da fan che scattano selfie e da uno sciame di giornalisti. Sono le 7 del mattino e il sole è basso in un cielo terso di fronte a noi, creando una bella, anche se accecante, partenza dritta.

Gli annunciatori sono al completo ma all'improvviso tutto si ferma. Luca Paolini è appena arrivato con il completo Katusha a bordo della sua bici del team Canyon Aeroad, ma non ha il numero di gara e un ufficiale minore gli sta dando un severo, anche se non del tutto serio, rimprovero. Lo hanno lasciato andare, e lui mi supera e si dirige verso la parte anteriore del recinto di partenza. Così inizia il consueto conto alla rovescia verso la fine.

Il primo tratto è neutralizzato perché è tutto in discesa, il che si traduce nel trascinamento dei freni per 30 minuti mentre i corridori italiani si contendono la posizione e altri si fanno strada a spintoni verso Paolini e Indurain. Il risultato è che vengo schiacciato e tagliato ad ogni angolo, cercando di stare fuori dai guai. In fondo alla valle la neutralizzazione si alza proprio mentre la strada si inclina verso il cielo e per pura frustrazione per la folla mi precipito in avanti. Presto mi ritrovo nel gruppo di testa, contro il mio migliore giudizio.

Immagine
Immagine

La prima parte del percorso verso il Gavia, la strada da Edolo a Santa Appollina, è di per sé una salita seria. Percorre 27 km con una media del 3% con punte di oltre il 10% e qualche breve dislivello. Lo mescolo con il gruppo di testa per circa 10 km, ma alla fine mi rendo conto di quanto sia suicida la mia tattica attuale e allento il ritmo finché non torno nel secondo gruppo.

Da qualche parte vicino a Santa Appollina, dove inizia il Gavia, la sensazione della salita cambia da piacevolmente impegnativa a preoccupantemente faticosa. Dietro di me sento un pilota che mi sta raggiungendo. È Luca Paolini. Mai in vita mia ho visto un essere umano planare così facilmente in salita. Sembra essere a un numero di giri di 60, ma la parte superiore del corpo non mostra alcun segno di movimento mentre i suoi quadricipiti lo spingono in avanti metronomicamente. È evidente se non altro per il suo completo silenzio, la sua bocca è chiusa e sembra respirare solo debolmente attraverso il naso mentre fluttua verso il cielo. Sto andando a tutto gas e tuttavia non ho alcuna possibilità di stare al passo con lui, e prima che me ne accorga è fuori vista. Mi guardo intorno per vedere se qualcun altro ha condiviso la mia meraviglia per questa apparizione, ma gli italiani intorno a me non hanno alzato lo sguardo dalle loro radici. Tutti gli altri sono assorbiti dalla propria lotta personale.

Il Gavia va avanti senza sosta, ma in re altà mi sto davvero godendo la salita. Le pendenze oscillano intorno all'8%, con gli ultimi 3 km che lasciano il posto a rampe più ripide del 12 o 13%. Cerco di mantenere un buon ritmo perché so che la successiva discesa sarà chiusa al traffico solo per i primi gruppi, quindi ha senso arrivare in cima con i primi.

Immagine
Immagine

Dimostra che ne vale la pena: la discesa è una delle più belle che abbia mai guidato. Con panorami aperti in cima e strade asf altate in basso, corriamo con sicurezza a velocità che si aggirano intorno agli anni Sessanta, punteggiate da un paio di brevi esplosioni sopra gli 80 kmh.

Sono felice di avere un gruppo di italiani del posto intorno a me perché conoscono bene le strade, anche se sono anche leggermente nervoso perché competono per la posizione a oltre 70 kmh. Uscendo da Cepina ci dirigiamo nella splendida V altellina. Con le montagne su ogni lato e la strada che si snoda lungo un fiume feroce, il dolore della salita si è dissolto in puro piacere di guida.

Poi iniziamo a vedere le indicazioni per il Mortirolo. Alcuni cavalieri svaniscono nel gruppo, diffidenti degli orrori che li attendono. Supero il cronometro che registrerà i nostri sforzi in salita e passo un cartello che mi dice che i prossimi 12 km saranno in media dell'11%. Non suona così male.

Di fronte al Mortirolo

Lance Armstrong ha descritto il Mortirolo come la salita più dura che avesse mai percorso. All'inizio è parsimonioso, con i primi 2 km in media di circa il 10%, conditi da alcune rampe del 15% che supero con un paio di sforzi fuori sella, convincendomi che è tutto sotto controllo. Poi inizia davvero.

Il segnale degli 8 km da percorrere mi dice che il prossimo chilometro avrà una media del 14%. Sembra già ripido e, a peggiorare le cose, la pendenza non è distribuita in modo misericordioso. Un segnale del 20% avverte della rampa davanti e sono presto costretto a scendere di sella, ruotando tutto il mio corpo da un lato all' altro per scalarlo, con il mio Garmin che registra a malapena il movimento in avanti. Sembra incredibilmente ripido e devo posizionarmi con attenzione sulla bici per bilanciare i due rischi di slittamento della ruota posteriore e quella anteriore che si stacca da terra. Ho percorso molte salite di questa pendenza e molte di questa lunghezza, ma raramente allo stesso tempo. Sembra che non ci sia fine. Una sezione ripida conduce direttamente all' altra e non ho la possibilità di rimettermi in sella per alleviare le gambe e la schiena doloranti.

Questo trattamento continua chilometro dopo chilometro. Un segno del 20% segue un altro, anche se il mio Garmin in seguito mi dice che la pendenza più ripida era in re altà un 33% da far venire l'acquolina in bocca. Con i polmoni che bruciano e la spina dorsale dolorante per le contorsioni a cui sono stato costretto, so che se mi fermo non ho speranza di ricominciare. Oltrepasso uomini distrutti sul ciglio della strada con la testa nelle mani. 'Questo deve finire,' continuo a ripetermi.

Immagine
Immagine

Sono superato da alcuni corridori nel mezzo della salita e guardandoli mentre passano non vedo lo sguardo di trionfo o di competitività, ma piuttosto quasi un accenno di tristezza nei loro occhi, un momento di simpatia condivisa. Sto viaggiando molto lentamente.

Raggiungo il monumento a Pantani e faccio la mia stridula domanda sulla distanza che resta. Nonostante lo scarso incoraggiamento che trovo qui, la pendenza si attenua, ma anche su questi pendii meno profondi faccio ancora fatica.

Spumando in bocca come un cane rabbioso, striscio verso la vetta. Alcuni passanti ridono, altri sembrano preoccupati e tutti scattano foto. Ci ho messo un'ora e 13 minuti per raggiungere la cima. Arrivare in vetta è come uscire di prigione (immagino) e assaporare la libertà dal tormento, ma ho ancora molta strada da fare e la giornata si fa molto calda.

Guardandomi indietro vedo un gruppo che mi sta addosso, quindi s alto avidamente in fondo al gruppo. Spero in una discesa veloce e rinfrescante ma il Mortirolo offre tutt' altro. La strada è costellata di gravi crepe e irregolarità della superficie, e con gli alberi che proiettano ombre nette è difficile separare il terreno accidentato dal liscio. Dopo aver sferragliato su una di queste crepe e aver quasi perso il controllo della moto, mi giro allarmato verso un pilota al mio fianco. Mi fa un'alzata di spalle tipicamente italiana e dice: "Qui c'è una possibilità del 50/50". Per aggiungere alla sfida, le discese veloci sono intervallate da brevi salite, e ogni volta che arriviamo a un' altra collina c'è un gemito collettivo da il gruppo.

Immagine
Immagine

Alla fine le ondulazioni lasciano il posto a una discesa genuina e sono un po' preoccupato di non conoscere la linea perfetta. Un pilota snello e con un'aura di saggezza mi sorpassa e io s alto sulla sua ruota, solo per lui subito frenare e sganciare nel tentativo di non urtare l'armco a lato della strada, che è tutto ciò che si frappone tra noi e un dislivello di 200 m dall' altro lato. Ce la facciamo, ma pochi minuti dopo sento un forte schiocco dietro mentre un pilota in un gruppo che ci sta prendendo ha la sua gomma esplodere sotto di lui a causa del caldo. È abbastanza per farmi rallentare e affrontare la discesa con maggiore cautela.

Mi fanno male il collo e le braccia per lo sforzo di assorbire i dossi e il calore ha reso l'aria come sciroppo caldo. Ci stiamo avvicinando ad Aprica, dove finisce la via Medio, ma mi sono iscritto alla via Lungo, che aggiunge altri 20 km di pedalata, di cui 6 km in salita con il 20% di stint.

Rotolando ad Aprica vedo il traguardo per la rotta Medio e il cartello che indica la strada verso il Lungo. La mia risoluzione è chiara. Non devo nemmeno discutere le opzioni con me stesso. Nonostante il gruppo di funzionari mi indicasse la via Lungo, oltrepasso il traguardo con un gratificante “blip” e mi sdraio proprio lì sul marciapiede. Ho finito.

Immagine
Immagine

Man mano che il dolore si attenua gradualmente, comincio a provare una combinazione di contentezza per aver conquistato il Mortirolo e un pizzico di impazienza di risalire in sella alla mia bici e finire il percorso Lungo. Tentando di alzarmi in piedi, tuttavia, le mie gambe vengono meno e mi accascio di nuovo sul cemento. Dietro di me, il vincitore del corso Lungo è già sul palco e riceve una bottiglia di champagne.

Ci sono molti sport più lunghi di La Campionissimo e altri che fanno più salite verticali, ma di tutte le corse che ho fatto nella mia vita questa è probabilmente la più difficile. Per quanto sia difficile, però, aver percorso le stesse strade di Indurain e Paolini, aver salito pendii che hanno ridotto in lacrime i ciclisti professionisti e aver pedalato in scenari mozzafiato come la V altellina o le alte pendici del Gavia mi riempie di un caldo bagliore. È un evento che richiede rispetto, ma paga tutti i dividendi a coloro che lo affrontano con riverenza.

Fai da te

Cosa - La Campionissimo

Dove - Aprica, Italia

Quanto lontano - 85 km, 155 km o 175 km

Next - 26 giugno 2016

Prezzo - €60

Maggiori informazioni - granfondolacampionissimo.com

Consigliato: